Bologna, 2 agosto 1980

Non è una prerogativa di questi movimentati anni di “scontro di civiltà”, non è appannaggio degli integralisti islamici. Far saltare in aria luoghi pubblici, possibilmente affollati di gente che non c’entra nulla con gli alti ideali dei bombaroli, per cui il fine dovrebbe giustificare i mezzi, è una tecnica di comunicazione impiegata anche da italianissimi individui, forse pure cristiani cattolici.

La strage della stazione di Bologna, alle 10,25 di sabato 2 agosto 1980 è un esempio particolarmente grave e sanguinoso di questo approccio al marketing, di questo creativo modo per convincere la gente delle proprie ragioni. Fra l’altro, quali ragioni non si è mai saputo.
…ma d’altra parte, nessuna strategia di morte che coinvolga innocenti può avere una ragione. La ragione prende velocemente le distanze da queste idee, da queste persone.

Prima e dopo quel 2 agosto ci sono state, in Italia e nel mondo, altre efferate stragi. Ai giorni nostri addirittura non ci facciamo più caso, finché queste non avvengono in importanti città europee o nordamericane. Questa di Bologna mi è rimasta impressa per vari motivi.
Sicuramente per la ferita al mio senso di appartenenza all’umanità: pensare che qualcuno, persone né più né meno come me, possa architettare e mettere in pratica l’uccisione deliberata di decine di persone “scelte” assolutamente a caso mi provoca sempre una cosa molto simile al dolore.
Pensiamoci: un sabato di agosto, a metà mattina. Non si voleva colpire una particolare categoria, che so, di lavoratori… chi può esserci il 2 di agosto nella sala d’aspetto di una grande stazione?
Forse gente che va al mare, che parte per visitare parenti, per fare una gita, per incontrare amici.
C’è un treno che parte da Voghera alle 8,03 e arriva a Bologna alle 10,30. Negli ultimi vent’anni l’ho preso più volte, spesso di sabato, sono arrivato in quella stazione più o meno all’ora della strage. Non certo per motivi politici, professionali, culturali. Per un giro, per trovare persone care… insomma, sarei stato la tipica vittima degli stragisti.
E poi… ricordo bene il giorno che questa tragedia avvenne. Un giorno d’estate, avevo finito le medie, sarei andato al liceo. Mi stupivo leggendo sul libretto delle giustificazioni, ritirato da un paio di mesi presso la mia futura scuola, il regolamento. Faceva tanto college americano, di quelli che mostravano film e telefilm. Pensavo ai nuovi libri, ai nuovi compagni. Avrei studiato il latino (!)…
Un sabato d’agosto, quel giorno. Giri per il paese in bicicletta, con gli amici di sempre. A mezzogiorno, a casa per il pranzo. Durante il pranzo, il notiziario allarmato e concitato: una bomba alla stazione di Bologna, un gran numero di vittime,  ancora tutto da definire, ancora i soccorsi in atto…
Già quell’anno c’era stato il fatto di Ustica, allora però contrabbandato come un incidente aereo, come tanti di cui ogni tanto si sentiva parlare. Già parecchi anni prima un’altra strage su un treno, l’Italicus, nel 1974. Ma a quel tempo ero troppo piccolo.
Nel 1980 no, iniziavo a sviluppare una mia coscienza sociale, prima che politica. Negli anni successivi presi posizione contro la fazione estremista che aveva ideato l’attentato. Ma quel 2 agosto, e nei giorni successivi, pensai solo all’umanità calpestata, stuprata da chissà quale demone che si era impadronito delle coscienze di persone come me. Ridimensionate e messe al loro posto le passioni politiche, mi rimane questo angosciante interrogativo: perché e come si può pensare di uccidere in questo modo. Con la vile freddezza dell’azione a distanza, nello spazio e nel tempo: chi ha messo in atto il terribile proposito di quel giorno ha sistemato la bomba e si è allontanato, per godersi lo spettacolo da un luogo sicuro.

Parecchi anni dopo Stefano Benni, scrittore bolognese, in Bar Sport 2000 scrisse un racconto su quel 2 agosto 1980. Il racconto non parla dell’attentato, non è l’ennesimo grido di rabbia. Ci fa vedere un angolo di vita in quella stazione,  in quel giorno, prima dell’ora maledetta. L’incontro fra una persona semplice ed un individuo problematico, nasce un dialogo volto a rasserenare.: l’umanità non fa schifo, anzi, è un meraviglioso arcobaleno, magari qualche colore è sbiadito o meno bello o meno luminoso… ma l’insieme, un’eterna fonte di stupore. Il tutto espresso con le parole piane di una persona qualsiasi, cha ama la vita. L’individuo problematico forse vede uno spicchio di quell’arcobaleno, ne intravede i colori. Ma poi sceglie di mantenere la sua opinione: l’unico colore  per lui è il nero. Entra in stazione e lascia una borsa nella sala d’aspetto.

Se volete riflettere su questa e su tutte le insensate stragi, cercate quel racconto e leggetelo.

Non amo le celebrazioni in memoria di questi eventi, ma credo che alle 10,25, ora dello scoppio della bomba, farò due cose “sovversive”: pubblicherò questo post e ignorerò per un minuto telefonate e richieste lavorative.