Il senso della vita

L’armi canto e ‘l valor del grand’eroe
(Publio Virgilio Marone, Eneide I, 1)

Io no
(Jovanotti, Io no)

L’ultima notte della sua vita lo trovò come tutte le altre notti degli ultimi quarantadue anni lo avevano trovato: addormentato.
Si potevano contare sulle dita di una mano sola le volte che Luca era andato a letto dopo le undici e ancor più rare erano quelle in cui aveva vegliato tutta la notte.
Da questo qualcuno potrebbe dedurre una vita scialba, insulsa, sterile.
Luca non si poneva il problema, era, o si sentiva, sereno così.
Nessuna grande passione sentimentale, nessuna ambizione professionale. Nessun tormento.
Lavoro, cena, caffè al bar, libro, letto. Sonno.

Quella notte lo svegliò un tonfo sordo. Aveva il sonno leggero e spalancò subito gli occhi, nella quasi totale oscurità della sua stanza. Tese le orecchie e dopo pochi secondi udì un secondo tonfo, poi un terzo. Non se l’era sognato, allora, quel rumore.
Altri tonfi a distanza ravvicinata. Qualcuno picchiava alla porta.
Senza fretta Luca scese dal letto e si diresse verso l’ingresso, non accese neppure la luce. Intanto i colpi continuavano.
Se quell’evento inatteso destò in lui qualche timore non lo diede a vedere.
Placidamente socchiuse l’uscio, che venne spalancato con forza da una mano inguantata.
Nella fioca luce del lampione sulla strada Luca vide che la mano apparteneva ad un uomo in uniforme. Dietro di lui, nell’ombra, altri due militi.

"E’ lei De Rossi Carlo?" scandì con voce stentorea il soldato che aveva aperto la porta.
Luca lo guardò senza rispondere. Il suo viso non tradiva alcuna apprensione né curiosità.
"E’ lei De Rossi Carlo? Non ci faccia attendere, il plotone aspetta!", ripeté il milite, e questa volta la voce era un ruggito.
"Il plotone?" ribatté Luca, con il tono pacato di sempre.
"Il plotone di esecuzione! Per gli uomini scelti in questa città! De Rossi Carlo è uno di questi. E’ lei De Rossi Carlo? Non mi faccia perdere la pazienza!" sbraitò l’uomo in uniforme, la cui pazienza probabilmente si era nascosta nell’ombra dalla paura.
De Rossi Carlo era il vicino di casa di Luca.
"Sono io."
"Ci segua!"
"Va bene, andiamo."

A Luca interessava solo dormire, ed in un modo o nell’altro l’avrebbe fatto.

Postfazione

Sabato Martina ed io, come Old Time Soul, abbiamo partecipato alla manifestazione EquiLibro organizzata da (o anche da) ArabaPernice. Fra libri, grigliate, musica e amicizia mi sono divertito con un originale gioco: i sottovassoi di carta su cui veniva servito il cibo riportavano alcune parole, proposte come incipit di storie che i commensali erano invitati a continuare. Il mio incipit era "L’ultima notte della sua vita". Per me la difficoltà maggiore nello scrivere un racconto è stabilire un finale, scegliere un inizio. In quell’occasione metà della parte difficile mi era stata servita -è il caso di dirlo- su un vassoio. In mezzo all’allegro casino generale, fomentato dall’inossidabile Marghetti (la cara Monì!), riuscii ad escogitare un finale e a buttare giù una cazzuolata di parole. Il testo originale è rimasto all’organizzazione.
Ci tenevo, però, a conservare quello scritto, un po’ per ricordo, un po’ perché il racconto è emblematico del mio punto di vista della Storia, fatta di persone comuni e di fatti quotidiani piuttosto che di eroi e di eventi clamorosi (non è un punto di vista originalissimo, basta leggere la Morante, ma… è il mio!). Per cui, con poche modifiche, ho ricostruito il racconto.