Imbarazzo

(non è ancora il post "annunciato" attinente alla Russia… se non finisce il mondo lo scriverò, prometto! )

Ai tempi del liceo avevo la taglia del nerd sfigato e imbranato (adesso, invece, non sembro più un nerd). Vivevo per la matematica e la fisica, mi interessavo solo a quelle, trascurando il resto, compreso l’aspetto fisico. Nonostante le apparenze, però, non potevo sfuggire all’adolescenza, per cui fra un integrale ed un diagramma di Feynman ricavai una nicchia per le ragazze. Per una in particolare, una compagna di classe, B., ragazza minuta, dal viso affilato, lunghi capelli castani pettinati all’indietro, sguardo penetrante, ironia tagliente. Ovviamente non davo a vedere questo mio nuovo interesse. Altrettanto ovviamente B. non mi degnava di uno sguardo.
Eravamo allora al terzo anno. Fu con mia indicibile sorpresa che, il primo giorno del quarto anno, B. scelse spontaneamente di sedersi di fianco a me. Quasi non osavo guardarla, per lo più le lanciavo occhiate di sottecchi quando pensavo fosse voltata da un’altra parte (mi sgamava sempre!). Con il tempo si stabilì un rapporto sempre più amichevole, che mi faceva sperare. Fino a quando…

Una cosa che mi ha sempre disturbato è il timore di avere un odore sgradevole. E’ una paranoia, non è quasi mai vero (be’, mi capiterà di sudare copiosamente o di pestare una merdaccia, per cui l’olezzo risultante è cosa apprezzata solo dagli intenditori). Ma la paura di trovarmi in questa imbarazzante situazione per anni mi ha tormentato.
Intendiamoci, mi lavo regolarmente: a Natale e Pasqua, il 25 aprile, l’8 settembre… e in qualche altra occasione che ora non ricordo

…iniziai ad avvertire un odore di rancido. Il primo pensiero, tipico di quell’età di paranoie, fu di essere io a puzzare. Eppure, accidenti!, mi lavavo! Cosa poteva essere? L’odore aumentava con il passare dei giorni, come il mio disagio. Pensavo, con una stretta allo stomaco, a quel giorno, un paio di anni prima, quando uno dei miei gatti fece pipì sul mio zaino. Me ne accorsi solo in classe, assieme a tutti i miei compagni. Ricordo ancora un’ingenua ochetta che continuava a chiedere: "C’è un gatto? Sento odor di gatto!", mentre io, arrossendo fino alla punta dei capelli, speravo le venisse una sincope da zittirla!
Questa volta, però, il gatto non c’entrava. A casa mi "ispezionavo" per capire cosa avessi tralasciato nella mia igiene quotidiana. Sorprendentemente l’odore non si sentiva, per poi tornare a manifestarsi il mattino successivo, a scuola.
A questo punto iniziai a sospettare di B., e fu dura, perché a quell’età si idealizza parecchio la donna amata.
Dal canto suo, anche B. doveva essersi accorta della puzza perché iniziò a tenere una certa distanza, ad essere meno socievole e, ma forse era una mia fantasia, a guardarmi arricciando il naso.
Una situazione imbarazzantissima.

Un mattino, mentre frugavo fra il ciarpame accumulato sotto il mio banco alla ricerca di una squadra, trovai un involto di carta, delle dimensioni di quelli in cui erano confezionati i panini che venivano venduti durante la ricreazione. ERA un panino.
Un panino con salame e insalata russa, rimasto lì da almeno un mese. E puzzava come una conceria. Eccolo, il responsabile di tanti giorni di angoscia!
Lo schiaffai nel cestino, rimuovendo tutto quanto stava sotto il banco per aerare, sperando che il legno non si fosse impregnato dell’untume rancido del panino.
Il giorno dopo la puzza era scomparsa e B. gradualmente tornò alla cordialità di prima. Quasi. Il processo di avvicinamento a lei si bloccò alla fase "buoni amici" ed io diedi la colpa di questo al quel maledetto panino.
Cominciai a pensare che non fosse così quando, l’anno dopo, la vidi più volte abbracciata ad un aitante e sudatissimo atleta.