Bussando alle porte del cielo

Warren Zevon stava morendo di cancro.
Una vita passata a tenersi alla larga dai medici ed ecco uno di loro che annuncia la sua condanna.
Nessuna terapia avrebbe potuto salvarlo, al massimo avrebbe prolungato la sua agonia.
E che doveva fare l’autore di una canzone dal titolo "I’ll sleep when I’m dead" (dormirò quando sarò morto)?
Warren manda affanculo il cancro, affanculo la terapia e va incontro alla sua sorte segnata armato della sua chitarra, delle sue canzoni.
Gli amici musicisti, gente del calibro di Tom Petty, Dwight Yoakam, Bruce Springsteen, Ry Cooder, lo aiutano a realizzare il suo ultimo disco, praticamente cantato sul letto di morte. Zevon non è mai stato un tipo patinato, laccato. Niente melensaggini retoriche neanche ora. Ma neppure rabbia e disperazione. E neanche rassegnazione. Canta le sue canzoni con dignità, racconta ancora una volta storie, si confronta con gli altri, con la vita. Con la morte. Mentre lui scivola nel buio viene alla luce "The Wind", il suo ultimo disco. Ci sono un sacco di belle canzoni, per la maggior parte scritte da Warren.
Ma ce n’è una che mi ha commosso, mentre la ascoltavo. Non è sua, è di Bob Dylan.
E’ l’ennesima versione di "Knocking On Heaven’s Door".
Una canzone inflazionatissima, tanto da perdere spesso la sua poesia, il suo significato. Negli anni in cui impazzava per le radio la tronfia cover fatta dai Guns And Roses non ne volevo sentir parlare, mi incazzavo quando mi chiedevano di suonarla.
Oppure la eseguivo in maniera irriconoscibile.
La versione più bella rimane, per me, quella originale del disco "Pat Garrett & Billy The Kid".
Ma questa, fatta da Warren Zevon, ha qualcosa di particolare, di molto forte.
Lui sta dicendo sul serio: sta bussando alle porte del cielo. E, stanco del viaggio, chiede che gli vengano aperte.
E’ struggente immaginarlo mentre canta delle cose che non gli serviranno più su questa terra. E commovente sentirlo ripetere, sul coro finale, "Open up, open up!", apritevi, apritevi.

Knockin’ On Heaven’s Door
(Bob Dylan)

Mama, take this badge off of me
I can’t use it anymore.
It’s gettin’ dark, too dark for me to see
I feel like I’m knockin’ on heaven’s door.

Knock, knock, knockin’ on heaven’s door
Knock, knock, knockin’ on heaven’s door
Knock, knock, knockin’ on heaven’s door
Knock, knock, knockin’ on heaven’s door

Mama, put my guns in the ground
I can’t shoot them anymore.
That long black cloud is comin’ down
I feel like I’m knockin’ on heaven’s door.

Knock, knock, knockin’ on heaven’s door
Knock, knock, knockin’ on heaven’s door
Knock, knock, knockin’ on heaven’s door
Knock, knock, knockin’ on heaven’s door

…devo tradurla? No, vero?

Scrivendo questo post ho pensato in modo particolare al blogger Zastar, che tiene un sito in cui parla di musica con passione e competenza.
Non lo conosco, di lui so solo le cose che leggo sul suo blog e nei commenti. Mi piace il suo modo di affrontare argomenti difficili da descrivere con le parole, il suo spaziare da un estremo all’altro nello sterminato mondo della musica registrata, l’atteggiamento che non ha nulla dello snobismo che incontro in altri siti del genere.
Prima che nascano dibattiti a lungo andare sterili e noiosi lo preciso: no, non credo che occorra "competenza" per ascoltare e amare la musica.
Non credo alla musica che richiede una laurea o un diploma di conservatorio per essere apprezzata. Se un brano è bello perché… "guarda! il chitarrista ha usato una scala misolidia costruita sull’accordo minore di montagna!", be’, secondo me non ci siamo!
Però conoscere la musica "dall’interno" consente di penetrare con la mente ciò che si percepisce con le orecchie e con il cuore.