Economia

2010. In attesa del 2012, anno della fine del mondo, pare che quello corrente sia l’anno della ripresa economica, dopo i drammatici 2008 e 2009.
Crisi, ripresa… Illustri personaggi ne parlano con tanta competenza e autorità dalle televisioni, dai giornali, su internet, in libri e libercoli che riempiono banchi di librerie, acquistati da chi di economia ne mastica (al contrario di chi, proprio a causa dell’economia, mastica ben poco). C’è chi sprizza incosciente ottimismo, che chi dispensa saggi consigli di cautela, c’è chi sputa velenoso pessimismo. L’opinione pubblica, questa specie di foca ammaestrata, sostiene una fazione, l’altra o l’altra ancora, grazie alla libertà di cui godiamo, ovvero la libertà di seguire l’autorevole opinione A, la B o la C (quartum non datur). Le foche… pardon, i sostenitori dei vari punti di vista discutono alquanto animatamente fra loro, cercando di convincere gli infedeli a pensarla come loro, tramite il rivoluzionario metodo dialettico insegnato da Maestra Televisione, sintetizzabile in "chi urla più forte ha ragione" (variante del metodo "vuoi persuadere? pesta come un fabbro!").
A nessuno viene in mente che ‘sti pezzi grossi che illustrano la situazione, ne spiegano le cause, suggeriscono nuove strategie sono tutti o quasi, in qualche modo, collegati a chi questa "crisi" l’ha originata? E che nessuno di loro sembra, tutto sommato, averne risentito?
Non sono certo il professore emerito, il ministro, il grande imprenditore a non saper come arrivare a fine mese. E neppure quei top manager che, con improvvide e/o disoneste manovre, hanno mandato in fumo miliardi (per carità! a ciascuno di questi poveracci va pagato lo stipendio di quaranta metalmeccanici… giusto, no? hanno studiato tanto…).
Insomma, una banda di allegri filibustieri, per aggiungere qualche milione al proprio conto in banca, scatena il panico più di un’epidemia e poi si diverte a prendere per il culo i lavoratori di tutto il mondo (per niente uniti, grazie agli stessi filibustieri -o ai loro amici politici-) dando astruse e incomprensibili spiegazioni e chiedendo spirito di sacrificio.

In questi giorni sto leggendo "Il Quaderno" di José Saramago, estratto dal blog del grande scrittore. Saramago fa molte riflessioni sulla situazione economica di questi anni, spinto dal suo grande senso di appartenenza all’umanità. Non si fa ingannare dai parolai altolocati, va al sodo, che sintetizza così: "si sono privatizzati i guadagni e si sono nazionalizzate le perdite".
Detto questo, non c’è sproloquio di economista che tenga: i signori del mercato, spinti dall’avidità, si sono riempiti le tasche facendo crollare i grandi gruppi finanziari, che i governi prontamente hanno rimesso in piedi attingendo al denaro pubblico, quindi pescando dalle tasche dei cittadini. "Si è trovato un rimedio per i colpevoli e non per le vittime", scrive ancora Saramago.

Chiudo citando la frase dello scrittore portoghese Almeida Garrett, a sua volta riportata in "Il Quaderno". Premetto che Almeida Garrett è vissuto prima che Karl Marx scrivesse "Il Capitale".

"E io chiedo agli economisti politici, ai moralisti, se hanno già calcolato il numero di individui che è giocoforza condannare alla miseria, al lavoro eccessivo, alla demoralizzazione, all’infanzia perenne, alla più abietta ignoranza, alla disgrazia ineluttabile, alla penuria assoluta, per produrre un ricco"

Rispondente, se ne avete il coraggio.