primo… ma non troppo

Chi mi conosce sa che ogni tanto infilo nei miei discorsi qualche sparata matematica, tanto per tirarmela che un po’ ne ho studiata
In uno scambio di email con alcuni amici mi ero prodotto in uno sproloquio su certi numeri primi e qualcuno mi ha chiesto perché non avessi incluso il numero 1 fra essi.
Come tutti quelli che hanno sbattuto la capoccia su qualche testo di algebra so che 1 non può essere un numero primo, ma la motivazione spesso rimane nelle retrovie della memoria, lasciando il "pregiudizio" che i numeri primi iniziano da 2.

Ma perché in questo club esclusivo non ci può stare ‘sto benedetto 1? E’ disonorevole che il primo numero non sia un numero primo!
Eppure, stando alle definizioni da scuola media, le carte in regola ce le avrebbe.
A tutti, fuorché qualche fortunello cui tocca subire le manie di qualche docente rigoroso/a, è stato insegnato che un numero è primo se ammette come divisori solo se stesso e l’unità (per favore, non venitemi a tirar fuori monoidi e altre strutture algebriche, ché non sto scrivendo un trattato e preferisco l’approccio "parla -quasi- come mangi!"). La cosa va bene per 2, per 3, per 5, per 149… e va bene anche per 1. Qualcuno con la capoccia da notaio potrebbe obiettare che siccome in questo caso "1" e "se stesso" sono la medesima figura giuridica l’appartenenza dello sfigato numero all’insieme dei primi decade per vizio di forma… ma in matematica le cose non vanno così (e meno male!):
Vi dirò che prima di imbattermi in una spiegazione convincente ho avuto risposte non solo insoddisfacenti ma pure irritanti. Una è l’equivalente di quella del notaio e noto con orrore che viene data pure da Wikipedia, ovvero l’arzigogolo che i divisori devono essere due distinti. Un’altra mi è stata data da una studentessa di matematica alle prese con l’esame di Algebra: 1 non è primo perché deve essere così, e basta! E ‘sticazzi!

Ovviamente spiegazioni del genere non possono convincere la persona ragionevole, che continuerà ad usare la vecchia definizione della scuola media includendo ad honorem 1 fra i numeri primi. Finché non ci si imbatte in una roba chiamata pomposamente "teorema fondamentale dell’aritmetica" (l’articolo linkato è comprensibile e interessante). Questo teorema dice che qualunque numero naturale (gli interi positivi, insomma) è un numero primo oppure si può scomporre in fattori primi in modo univoco, a meno dell’ordine dei fattori. Ovvero, se il numero non è primo ammette una scomposizione in fattori primi unica, non ne esistono altre: 12 = 2 x 2 x 3, non è che si trovano altri numeri primi diversi da 2 e 3 che moltiplicati danno 12!
E qui sta la spiegazione della questione posta all’inizio: se 1 fosse un numero primo esisterebbero infinite scomposizioni in fattori primi per ciascun numero, basta moltiplicare la scomposizione "ufficiale" per tanti 1 quanto si vuole… 6 = 2 x 3, oppure 1 x 2 x 3, oppure 1 x 1 x 2 x 3 e via discorrendo.
Siccome per l’aritmetica è importante che la scomposizione sia unica (e poi la dimostrazione è molto carina) e non si vogliono fare ingiustizie introducendo un privilegio per 1 (che già ne ha altri decisamente dubbi, come l’essere elemento neutro rispetto alla moltiplicazione…), ne esce una giustificazione convincente dell’esclusione del nostro amico solitario dal club dei numeri primi.
Convincente per chi? Ma per i luridi matematici, no?

Bene. E ora, oltre agli sberleffi di rito (ma scrivo anche per quello!) vorrei che un paio di insegnanti di matematica che hanno avuto o continuano ad avere esperienza di scuola media mi raccontassero come iniziano le giovani menti a loro affidate alla setta dei numeri primi, un mondo magico e mistico, dagli imprevedibili e innumerevoli risvolti.