E’ un po’ che ho in mente di scrivere un racconto (o più racconti) i cui personaggi gravitano attorno ad un bar. Ho sempre amato storie del genere, dal famoso Bar Sport di Stefano Benni alle locande dei libri di Guccini e Macchiavelli ai pub dei romanzi inglesi. Da parecchio tempo ho raccolto diverse idee, anche grazie ad alcuni amici, e ho iniziato a scrivere qualcosa. Pigrizia e impegni mi hanno un po’ rallentato… ma non mi insegue nessuno, non sto mica pensando ad un fast food!
Intanto, la lettura di un delizioso post di Monicamarghetti, nonché qualche scambio di pvt con lei, mi ha ispirato a raccontare di un bar vero, uno di quelli che hanno accompagnato i miei vent’anni. Da ragazzino c’era l’unico locale del mio paese, classicamente chiamato Bar Sport. La prima adolescenza l’ho trascorsa fra i tre bar del paese vicino, molto più frequentati. L’avvento dell’automobile ha allargato gli orizzonti, ma qualche osteria, birreria, pub ha fatto da sfondo a tante vicende.
Un’esperienza comune a quasi tutti i ragazzi di campagna miei coetanei, diversa, credo, da quella dei cittadini, per cui già esistevano le sale giochi, templi del solipsismo. Per noi il bar era un filtro semipermeabile che ci consentiva un contatto morbido col mondo degli adulti. Qualcosa che ormai non vedo quasi più, neppure nel mio paesino.
Il bar dei miei vent’anni era un localaccio universalmente conosciuto come "da Mosto".
Mosto era il soprannome (inevitabile nei paesi) di un omaccione nerboruto e irascibile, agricoltore ed ex partigiano. Aveva una forza notevole e girava la leggenda che una volta, per aiutare due foresti sprovvisti di cric a cambiare una gomma, avesse tenuto sollevata la loro automobile.
L’osteria era gestita dalla moglie e dal figlio. Il locale era il tipico bar anni 50′ – ’60, con i tavoli in formica, le sedie spaiate, il bancone di metallo spartanissimo.
Lo stile era parecchio campagnolo, anche nel modo di cucinare, sicuramente non a norma di nessun regolamento sanitario. Anche su questo aspetto giravano storie non confermate, come quella secondo cui un gatto passeggiava tranquillamente sulle tavole imbandite prima di un banchetto, dicerie sugli abusi di grassi in cucina…
Eppure la richiesta di mangiare presso quel locale non mancava. E che io sappia nessuno è mai morto intossicato o si è sentito male, se non per reiterato abuso di alcolici.
Ad un curioso episodio ho assistito anch’io: un giorno nel bar non c’era quasi nessuno e la padrona faceva sommarie pulizie. Ad un certo punto la vidi aprire il coperchio trasparente della boccia contenente le rotelle di liquirizia, spruzzare all’interno il vetril, asciugare con uno straccio sporco e richiudere il coperchio, come se niente fosse. Non comprai più liquirizia.
Un altra volta un ragazzino entrò e si rivolse a Mosto, seduto in un angolo, chiedendo un cono gelato. Era un caldo pomeriggio d’estate, e l’omaccione era impegnato nella mietitura. Probabilmente si stava riposando fra un campo di grano e l’altro. Si alzò, si sfilo le mani, già non particolarmente pulite, visto che era da poco sceso da una mietitrebbia, da sotto le ascelle, notevolmente sudate, se le sfregò e fece per prendere il cono da riempire di gelato. Il ragazzino, gli occhi sbarrati, lo fermò appena in tempo, gridando disperato: "No, no, prendo un cornetto Algida!".
Almeno quello era confezionato!
L’aspetto dell’osteria da Mosto che interessava di più i giovani era il bar e nella fattispecie i rustici panini con i salumi prodotti in loco.
Ricordo che, anni prima di metterci piede, ascoltavo affascinato i discorsi dei più grandi che "andavano a mangiare il salame da Mosto". Pareva un’esperienza mistica, una cosa da iniziati, e aspettavo il momento di poterlo fare anch’io.
La prima volta rimasi parecchio intimidito, anche dalle maniere molto rudi di Mosto e del figlio, che alternava la pulizia del porcile confinante con il servizio al bar, ovviamente senza far tappa ad un lavabo.
La serata tipica consisteva nel prendere possesso di un tavolo, si era minimo mezza dozzina, nell’ordinare pinte di birra alla spina, patatine di quelle aromatizzate alla paprika e qualche panino, confezionato alla meglio con fette di micca e salumi e schiaffato sul tavolo alla diotifulmini.
Mi è rimasta impressa l’emozione di sentirmi chiamare per nome, la mia consacrazione a cliente abituale. Andò così: una sera chiesi al figlio del titolare:
– G., per favore, mi potresti preparare un panino col salame?
– Mario, va ä da via äl cü!
e, con la consueta malagrazia, mi preparò quanto richiesto.
Con il tempo il bar di Mosto cessò di essere il centro delle serate. Altri paesi e città vicine diventarono meta di pellegrinaggi, diluiti in un numero sempre maggiore di locali, sempre meno campagnoli.
Ma quel posto mi è rimasto nel cuore. Oltre al bar c’era una saletta scalcinata con alcuni giochi, fra cui l’inevitabile biliardino, il flipper ed il juke-box, ritrovo di ragazzini, teatro dei primi amori adolescenziali. Proprio in quella saletta ebbi il mio primo incontro con la musica di John Fogerty: era il 1986 e da poco era uscito Centerfield. Le canzoni che gettonavo erano The Old Man Down The Road e Big Train From Memphis. Una voce ed un suono che segnarono la mia evoluzione musicale.
Ricordo anche due brani dei Deep Purple: Perfect Strangers ed uno strumentale che non ho più ritrovato. Forse si intitolava Son of Alerik…
Parecchi anni dopo quei giorni Mosto morì per un attacco cardiaco. Mi dispiacque enormemente, ma pensai che in qualche modo era giusto che una roccia come quell’uomo non dovesse finire scarnificato dalla vecchiaia e dalla malattia.
Un’altra leggenda girava sul suo conto. Si diceva che dopo la guerra avesse conservato parecchie armi dei tempi in cui era partigiano, in attesa di quella rivoluzione comunista che non venne mai. Negli anni ’50 i Carabinieri si presentarono da lui per sequestrare l’arsenale. Guardò le mitragliette dei militi e, ridendo, disse loro che nel ’45 con quei giocattoli ci faceva i gargarismi.
Qualche anno dopo la morte di lui, lo raggiunse anche la moglie.
Il locale, però, resiste eroicamente, gestito dal figlio.
Curioso come, fra tanti dolci ricordi di un tempo che si è dissolto, ci sia anche quel "Mario, va ä da via äl cü!".
Grazie, Mosto.
leggendo questo post sento il rumore delle cicale il fruscio del juke-box e se guardo bene vedo le lucciole…sai Mario avrei voglia di un panino con il salame quattro risate e qualcuno che mi mandi a dar via il…perchè detto in quel modo vuole essere quasi un complimento!!
Un post questo scritto con il cuore si sente!!
bello molto bello!!!
un bacione
Grazie! Le cicale e le lucciole presto bazzicheranno i dintorni di casa mia.
…oltre a torme di zanzare!
Purtroppo il bar di Mosto non è più lo stesso, ma se tu capitassi dalle mie parti un giorno che c’è mio fratello e qualcuno dei suoi selvaggi amici, di salame e di inviti da dar via varie parti anatomiche ce ne sarebbe per tutti!
bacione a te.
bel racconto wil…comunque finchè i gatti passeggiano tranquillamente sulle tavole imbandite vatutto bene.
Il problema è se il gatto fa parte del banchetto!!!!
MIAOOOOOOO… ehehehehehe…
Manuuuu… ma va ä da via äl cü
Mah, non mi risulta che abbiano mai cucinato felini. Insomma, non hanno mai fatto pasticci da NAS, al massimo ne han combinate da far rizzare i capelli alle USL, ASL e simili. Mi immagino i funzionari dell’azienda sanitaria locale che contestano qualcosa a Mosto, che li guarda corrucciato, appoggiato ad una doppietta o a una stanga da carretto (con quella avrebbe fatto un ottimo lavoro)…
Manuel, la tua mi pare più l’imitazione di una cadenza bresciana… da noi il dialetto ha una pronuncia più dolce, simile a quella del nord-ovest dell’Emilia o del sud-est del Piemonte.
Ciao!
Buongiorno:)) che ne dici di un caffè virtuale qui nel tuo bar?
ehehehheeh…. infatti era l’imitazione della cadenza bresciana…ma avrei dovuto allungare un pò di più le vocali…;o)
i primi tempi che sono arrivato qui, ero in servizio ed ho fermato un ragazzo su un ciclomotore, gli stavo contestando un cosa, quando lui con occhi spiritati mi fa….POTAAAAAA….
Io non sapendo cosa fosse quella parola l’ho presa come un insulto, ed ho gentilmente alzato il ragazzo dal colletto in bilico sul motorino, fino a quando non mi ha dato la spiegazione scientifica della parola…. SAI BENISSIMO CHE LA TRADUZIONE DI “POTA” NON C’è….
eheheheheehehe….IMMAGINA IL RESTO!!!…..;oD
Wil… oggi dobiamo vincere… raduna i più valorosi e passa da me!!!
BUONA GIORNATA!!!!
è che certe volte si resta “incrostati” alle proprie eredità.. speriamo che il figlio conosca almeno le gioie dell’acqua corrente….p.s. dopo questo racconto non puoi mancare sabato sera alla “locanda gnoccona”
i soliti “complimenti” per ciò che hai scritto e per come lo hai scritto… ma questo ormai non fa più notizia!
piuttosto, non avendo avuto la possibilità di nascere e vivere in un piccolo centro abitato è stato bello leggere di ciò che si nasconde(va) dietro al bar di paese, ambiente che non conosco affatto!
che cruccio!
ora proprio non riesco a leggerlo…
wil mi puoi fare un suntino?
mi piace molto il post, mi immedesimo nelle situazioni…non te lo aspetteresti, ma adoro “Il bar sotto il mare” di Benni
Eh, sì, Abreast, almeno per chi ha la mia età o è più giovane il tipo di situazione è tipicamente di paese. Ora è quasi scomparsa.
Lala, “incrostati” è la parola giusta, eheheh!
Per la locanda gnoccona mi sto attrezzando…
Manuel, a dire il vero “pota” ha una traduzione… ma è diventata un intercalare tipico, come “bélin” per i genovesi o “minchia” per i siculi.
Mi posso immaginare il ragazzo bresciano tua vittima, eheheheh!
Metodi educativi d’altri tempi, eh?
Monica, ‘sti malnati hanno preteso che lavorassi e alle 10,12 non c’ero per il caffè!
Ale, pigrona. No, non si può riassumere, eheheh!
Lilith, perché non dovrei aspettarmelo, eheheh? ;DDD
ho dei dubbi sul tuo dispiaCQue
non sul sentimento
sulla grammatica dico,
ora vado a sentire da ABRE che lui d’etimologia ne sa + di te
vedo ora che non ci sono nei tuoi link! questo è inaccettabile
devi rimendiare subito, anzi poco fa!
sono odiosa vero?!
#12: dispiacere, coniugato come piacere, al passato remoto fa “io piacqui”. E BASTA!
Abreast sa di entomologia più di me? non credo, di zanzare, mosche, cavallette, grilli, scarabei ecc ne vedo più io!
#13: no, sei adorabile, ma non dirlo all’Ale, che poi se la tira una cifra!
Le tue sono parole degne di essere lette…se posso:
CLICCA QUI
è il link di una mia piccola riflessione/recensione sul testo di un amico scrittore, è il direttore della “sesia”, Brescia, persona squisita.
Il libro che ti consiglio di leggere, alla luce di ciò che ho letto, potrebbe piacerti ;)). Io l’ho apprezzato tantissimo.
Un bacio e perdona “l’irruzione” pseudo-lettararia…
adoro questo modo di raccontare che ti proietta direttamente nella scena rappresentata! tu ci riesci sempre in pieno! quando aprirò una casa editrice, sarai uno dei miei autori di punta….
…e poi quel bar mi è “semblato” di averlo gia visto!(e anche para, no?!)
alb, se apri una casa editrice fa un fischio………..
Will, oggi una giornatina intensa andrei a bermi un chinotto vieni con me o se preferisci vengo nel tuo bar:)))
Troviamoci a metà strada, Monica… il bar Mario mi sa che adatterà la sua posizione! Un chinotto anche per me!
Un fischio anche a me, Alb: qualcuno che fa le pulizie e tiene in ordine i computers ci vorrà, no?
…ops, stavo leggendo i commenti al contrario. Ti auguro di avere ben altri autori di punta. Mi fa molto piacere quello che dici sul proiettare il lettore nella scena.
Ehm, no, Alb, il bar che hai visto è moooolto più raffinato. Finirà anch’esso in una storia, di fantasia.
Iry, in questa osteria su web ci stanno bene pure le irruzioni letterarie, perché no? Ho letto la tua recensione, fa venir voglia di leggere quel libro, in effetti! Grazie!
Un bacio a te.
AHAHAHAHAHAH! Manuel, sai rendere qualsiasi concetto con un disegno, anche in lingue estere ;)))
(notare i graffiti camuni nel fumetto)
Grandissimo!
Ciao!
grandioso wil…… e molto emozionante…ci sono anche dalle mie parti posti così, e più ti allontani dalle città più questi bar sopravvivono ancora…. forse ancora per poco… chissà
grazie, a presto 🙂
Sì, Profmath, ancora si trova qualche posto così, ma come dici stanno sparendo. Cercherò di tenerli in vita con qualche altro racconto… (ma gente infinitamente più brava di me l’ha già fatto).
Grazie a te! Ciao.
ma a noi piace leggere quello che ci racconti tu:)
dolce notte
monica
dolce notte anche da me, amico, anche se non sono marghè!!!
🙂
del post ho letto solo l’ultima riga e già mi son commossa alla parola “MOSTO”… Leggerò domani con calma e coi kleenex alla mano per il passato che non torna più!
Per ora ti invito da me: sei stato nominato, carissimo!
Monica, grazie. Non solo per il commento!
Dolce notte anche a te.
E anche a te, caro Alb! (che ci facevi on line a quell’ora?)
Riu, ovviamente ti ho pensata quando ho scritto il post. Avrei voluto poterti parlare, con te restaurare ricordi sbiaditi… lo farai leggendo.
Ciao!
Notte chitarrista…
Credo che i ricordi siano tra ciò che abbiamo di più prezioso ed il volerli condividere, nel tuo scrivere ‘immaginifico’ (nel senso che ho ‘rivisto’ il bar sport di cui narri) è un dono grandissimo che fai a tutti noi…
Un bacio enorme Wil….buonanotte!
Roby
Ehm…che vuol dire pota….?
Wil ciò che ha detto Alb nel #16…non ti ricorda qualcosa???? Pensa che ho scritto il commento precedente appena terminato di leggere il post e prima di leggere i commenti….
;)))))))
Bacinfiniti caro Wil!!! Buonanotte!
Roby
Cara notturna Roby, è così, mi avevi già detto come le mie storie giungono a te, è un grande piacere saperlo 🙂
Per un’idea del significato di “pota”… guarda la precedente vignetta di Manuel e prova a fare qualche tentativo ;))
Manuel… buongiorno!
Buona giornata sorrisi a profusione
ciao WIL
eri tu poco fa a strombazzarmi dalla macchina gridando “bella gnocca” mentre arrivavo in ufficio in bicicletta ?
Buona giornata & sorrisi a te, Monica!
(sto cercando di non farmi piallare, in azienda!)
Hai visto la targa PV, eh? Dovevo nasconderla… ebbene sì, ogni tanto sento il bisogno di esternare, prendo la macchina e mi faccio un paio di centinaia di chilometri per trovare la bella gnocca giusta da apostrofare!
ho capito che eri tu dall’accento coranese
Pota! …ah, no, questo è bresciano.
Sòcmel! …ah, no, questa è roba tua.
Bèla fiulàsa! …ma sei un po’ sottopeso…
…insomma, Ale…
bella figliola è davvero bella LALE:)))
ahahahahah che ruffiana che sono…ma quale delle due marghetti sarò????
Appena riuscirò, Wil, mi leggerò il tuo post: intanto i miei saluti! 😀
Ciao wil, lascio qui al Bar…avviso ai naviganti!
sparisco per un paio di giorni o forse più…destinazione: caput mundi! 😉
bye bye
Ti abbraccio bella persona
Salutami i caput… alisti che conosco, allora! ;))
Un abbraccio anche a te, cara Iry, buon viaggio.
Anarcadia, come sempre non c’è fretta. Credo che questo ti piacerà.
…e poi, quanti arretrati tuoi ho io! ;DDD
Monica, sei tutte e due! E sono entrambe perfette!
Però… ssst! che Lale poi se la tira!
;))
che figo, grande wil!
“tira” è il mio secondo nome
Senti Wil, ma vuoi che càmbi il tuo avatar vecchio con il nuovo, nella “famiGGHia”?!? 😀
Wil al significato oscuro di quel termine brasciano si aggiunge anche l’altro che hai usato nel #36 che dici sia roba di Ale… boh!!!
Beata Queen…. ;/
Un bacio enorme a te, Wil ed a tutti!
Roby
#43: no! non farlo: conservalo per (no)i nostalgici…
🙂
Dici, Albatros? 😀
Will cambi il bimbo? e cosa ci metti? però è bellino questo avatar…:(
Anarcadia, sì, tienilo…
Monica, non è detto che cambi il bimbo. Anche se mi hanno proposto di usare la foto del gazzettino, eheheh!
Roby… anche il termine in bolognese è un po’… osé.
…che rigiro ad Ale, dopo il commento #42!
Maura, il figo era Mosto…
Ciao Alb!
oddio Will vuoi mettere il pacco…come avatar????????
Il pacco? ma è una foto innocua… o no?
…a me piace il bimbo che hai ora…il pacco può essere innocuo come no…^__^
@Wil,
Vaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaabene! :DD
Monica, NON è la foto del “pacco”.
…figurati se mi faccio fare una foto così! ;))
Preferisco anch’io Toppy, comunque!
Bacione!
Anarcadia, grazie! Ciao! :))
ciao willlllllllllllllll
Certo certo Wil saluterò i caput..alisti che conosci tu! nn dubitarne 😉 ehehe
P.S: come ti garba bene il bianco a te…spettacolo! 😉
eh eh
Queen Ishtar
smack
Toppy for ever!! 😛
Iry, ci conto, eheheh!
…il bianco? fra i capelli (e non ce n’è così tanto, uffa!) o nell’… abbigliamento? ;))
Yeah!
Smack to you!
Wil… io più di così non posso!!!
:oD
Ok, appuntato, ha fatto del suo meglio!
(Manuel, oggi nel casino dell’ufficio non avevo visto il tuo post! …potevi dirmelo, marpionazzo! ^__^)
infatti Wil… la vendetta sarà ATROCE…ho già fatto un paio di telefonate e ci stiamo organizzando..
Dato che ormai si può dire che siamo “amici” ti faremo sceglere se romperti la macchina o romperti la testa!!!
Vendette a parte….
ho sempre pensato che il grado non fa anzianità, ma la fa il bagaglio lavorativo e l’impegno che uno mette nel suo lavoro….
Uh, come sei suscettibile! …meglio che sfascino la macchina. Così, mentre le teste rasate son distratte, le prendo a mazzate io, eheheh!
Hai ragione, la competenza e l’impegno sono fondamentali. E poi… quale anzianità, hai dieci anni meno di me! ;DDD
ehehehehehe…. FRATELLONE!!!
Il post dei link e delle promesse[..] Avrei molte cose da scrivere. Tento di fare almeno una rapida carrellata, così non solo faccio qualche esperimento di *linkaggio*, ma mi resta anche un elenco di cose da scrivere per il futuro (quando si dice l’arte di unire l’utile al dilettevo [..]
ci hai azzeccato, come sempre, vedi?
Brava Riu! I teorici non servono a niente finché qualcuno non fa l’esperimento.
Ma possono essere ottimi amici! ^__^
Capitiamo per caso. Poiché siamo esperti di graffiti camuni di cui abbiamo pubblicato anche una grammatica ed un vocabolario, siamo in grado di dare la traduzione di quelli che appaiono al commento n° 20:
Il fumetto di lui: Vieni con me, bellezza: ti farò svenire!
Il fumetto di lei: Giù le falangi o ti taglio le palle.
Lieti di contribuire alla diffusione della cultura camuna, non del tutto scomparsa.
Camilla Mobilità e Giuseppe Cassintegrato.
Grazie, signora e signor utente anonimo, per il Vostro contributo a dir poco illuminante.
Come cultore di semiotica vorrei farVi notare che la vignetta stessa è un esempio di evoluzione del graffito, recante, leggermente più dissimulato, conseguenza del maggior grado di civilizzazione raggiunta dai camuni, il medesimo messaggio.
Distinti saluti
Pota!
Ciao carissimo Mario,
posto in ritardo, lo so, ma la storiella l’avevo letta già da quando l’hai pubblicata!
mi è piaciuta un sacco, mi ha ricordato il libro letto insieme di Benni… tutti quei personaggi stambi del tuo paese di cui mi hai parlato!
ehh, che meraviglia, questo è il bello di stare in un paese piccolo dove tutti si conoscono e sanno tutto di tutti…poi, ovviamente, ci sono anche lati negativi!
però il tuo modo di raccontare è sempre il massimo! sembra di viverle davvero tutte quelle scene e poi mi piace perchè scrivi sempre con il cuore e si capisce, è bellissimo!!!
lo sò…non ti faccio mai tutti i complimenti che vorrei farti, comunque sappi che per me sei un grande! sempre!
un bacio
Martina
Martina cara, non hai bisogno di farmi complimenti, mi basta la tua tenera amicizia!
Certo, nei paesi ci sono aspetti a volte seccanti… ma non cambierei il mio per Milano.
Quanto ridere a leggere insieme Bar Sport, da farsi venire l’asma! :DDD
Un bacio!
Mario
già…mamma mia… La Luisona… Il telefono… hahahaha… mi scompiscio ancora adesso!
bacio
MArtina